Abbandono: quando sembra che Dio dorma - L'alfabeto dell'anima di don Prospero

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L'alfabeto dell'anima
di don Prospero Bonzani
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Abbandono: quando sembra che Dio dorma

A > Abbandono
Mc 15,34: "Dio mio. Dio mio, perché mi hai abbandonato?"
Quale sofferenza più grande, Signore, più acuta ancora dei chiodi nelle tue mani, più acuta perfino della vista che di lassù, dalla Croce, avrai avuto di un mondo e di una storia che sarebbero sembrati scorrere come se nulla fosse cambiato al tuo passaggio quale sofferenza più acuta del sospetto che la tua umanità può aver avuto, di essere, abbandonato dal Padre in braccio alla più abissale solitudine?
Ciascuno di noi. Signore, ha provato, un po' come Te, il dramma della solitudine e dell'abbandono: quel momento tragico in cui avverti il vuoto attorno a Te e ti sembra di essere l'unica persona sulla faccia della terra.

Quel momento in cui avverti forse anche i rumori e gli spintoni della folla, ma tu non sei niente per nessuno, e tutti ti passano accanto come se tu assolutamente non esistessi.
In quel momento ti assale la trafiggente tentazione di desiderare di non essere mai nato. Perché se nessuno si accorge di te vuoi dire che neppure tu hai qualche ragione per essere contento di vivere! E in quel momento drammatico dell'abbandono in braccio alla solitudine, la paura sana che abita in fondo al tuo cuore lancia un urlo di soccorso, un'invocazione d'aiuto, forse prima alla mamma, poi al figlio, poi al coniuge. E se nessuno risponde, una forza prepotente e misteriosa urla verso Qualcuno che ci deve assolutamente essere. Altrimenti la vita giocherebbe come il topo con il gatto, che si diverte a lasciargli qualche possibilità, per gustarlo poi più tremante fra le zanne.

E' il momento dell'abbandono più totale, oscuro, drammatico, lancinante. Tu l'hai provato, Signore, là dove lo prova ciascuno di noi: in punto di morte?
In quell'attimo supremo, accatastato in un angolo dietro il paravento di una corsia d'ospedale, o attorniato dai figli abbraccianti in lacrime, in ogni caso, ciascuno di noi si avverte irrimediabilmente solo e abbandonato: nessuno, per quanto mi ami e lo desideri, assolutamente nessuno può tenermi per mano in quell'ultimo passo. Ciascuno di noi nasce e muore da solo, e in qualche misura vive da solo.
E se in quell'istante alla nostra invocazione di aiuto, in quel gesto tanto debole ma pur tanto giustificato e ragionevole, se in quel momento sentissimo soltanto l'eco straziante del nostro urlo solitario, ecco che allora non potremmo immaginare disperazione più abissale per il nostro cuore!
Ma è da questa solitudine esistenziale profonda che noi lanciamo l'urlo ad una compagnia che ci deve essere: la compagnia di Dio. "Se mi hai voluto, ora che anche mia madre deve abbandonarmi, adesso non mi puoi abbandonare anche Tu!"
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