Bambini: in Asia (1Re)
B > Bambini
1Re 9,15: "questa è l'occasione del
lavoro forzato."
LAVORO MINORILE (la storia)
Nella morbida luce del mattino, in un'aria
ancora densa di rugiada notturna, i bambini mescolano acqua e terra e le
impastano fmo a formare zolle dall'aspetto di pagnotte. Intanto chiacchierano e
ridono. Per il momento il lavoro è facile; il sole è basso e la giornata ancora
fresca. Sono appena passate le sei di mattina e la famiglia Masih sta facendo
mattoni da quasi due ore. Il lavoro dei bambini-due maschi di undici e nove
anni e una bambina di sei - è cruciale per la sopravvivenza della famiglia.
Mescolano e impastano, preparano il fango cui i genitori daranno la forma di
mattoni. Ogni dieci secondi un pagnotta vola da un bambino alla madre, che la
impasta una seconda volta, dalla madre al padre e dal padre a una cornice di
legno dove viene pressata e trasformata in un solido blocco.
All'ottocentesimo mattone la clemenza del mattino
si è trasformata in una giornata oppressivamente calda e umida. La temperatura
è sui 32° e l'aria si è fatta irrespirabile. I. bambini non ridono e non
chiacchierano più, sono sfiniti dal caldo e dalla fame. A circa 1400 mattoni si
fermano, ora il pomeriggio ha raggiunto la massima calura e lavorare diventa
impossibile. Trascinandosi a fatica tornano alla stanza dal pavimento sterrato
che fa la loro casa, consumano un rapido pasto e poi piombano nel sonno. Il
lavoro riprenderà per altre due o tre ore nel tardo pomeriggio. I Masih sono
una delle quindici famiglie che fabbricano mattoni in una zona del Punjab e i
bambini, come in tutto il Pakistan, sono un segmento importante della forza
lavoro impiegata nella produzione di mattoni. Ma la durezza del lavoro non è
l'unico elemento negativo. In pratica tutte le famiglie impiegate nel settore
sono vincolate a un debito contratto nei confronti dei padroni, debito che non
saranno mai in grado di saldare e che passerà in eredità di padre in figlio.
Così molti bambini nascono già con un debito che si porteranno nella tomba.
(Kevin Bales "I nuovi schiavi" Ed. Feltrinelli)
Di cosa ha più
diritto, Signore, per vivere, un bambino, che di giocare? Forse più che
mangiare? Perchè chi gioca vuol dire che il suo cuore è felice, è amato.
Concedi ai nostri bambini di imparare a giocare fra di loro anzichè giocare con
le micidiali macchine da gioco, tomba della loro fantasia.
La globalizzazione del lavoro non è ancora
arrivata alla equiparazione degli stipendi. Ma Tu non permetterci di comperare
a buon prezzo quello che è stato prodotto dalle mani sanguinanti di bambini,
lasciandoci tranquilli per il solo fatto che non li vedremo mai, se non in
cielo.
Dacci forza, Signore
affinchè gli organismi internazionali siano autorizzati ad entrare nei
laboratori dove al bambino è negato il gioco. Potranno cominciare da piccoli e
sentirsi conosciuti e protetti dal mondo.