Poveri: e noi borghesi
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Gb 21,13: "I malvagi vivono nel benessere i loro giorni".
Non permetterci, Signore, di scaricare su
Chissachì la responsabilità delle atroci sofferenze che abitano appena accanto
all'uscio di casa nostra: il mio silenzio e la mia pigrizia mi fanno omicida
per omissione di atti d'ufficio.
Insegnami a sognare una società realmente
fraterna senza accontentarmi di atteggiamenti assistenziali ma neppure sognando
che dei provvedimenti strutturalmente imposti dall'alto possano creare la
felicità. Fammi scoprire che la pur necessaria giustizia sociale, davvero
indispensabile, non basta per creare l'amore, e perciò la gioia, nei nostri
cuori. Ma impedisci alle persone di buon cuoré di fare il sordo alle urla
lancinanti della giustizia.
Tocca, Signore, il cuore e il portafoglio di
noi borghesi di questo mondo, suscitando la nostra consapevolezza fino ad
avvertire non come un dovere ma come un'esigenza il gesto di comprometterci
stabilmente per gli Ultimi.
Rendimi diffidente verso il singolo gesto di
carità con cui vorrei imbavagliare la mia coscienza di benpensante spensierato,
ma rendimi tuttavia attento a scorgere se in quel gesto non fosse nascosto un
tuo tranello d'amore per spalancare gli occhi del mio cuore.
Allontanami
dall'immagine del borghese che vive riparato dal mondo nel castello-prigione
della sua abitazione superaccessoriata, dietro le finestre a doppi vetri per
difendersi dall'urlo del Disperato sottocasa.
Trasforma l'istintivo disprezzo per questo
mondo di borghesi, sportivi, luccicanti, rampanti, giovanili, sani, belli e
feroci, in compassione serena e fraterna per queste persone che, insterilite
nel cuore, avanzano smaglianti e sorridenti scavalcando inconsapevoli i
cadaveri dei fratelli.
Fammi amorevole elemosiniere dei borghesi che
incontro sul mio cammino, apostolo per quelli che mi guardano passando
sprezzanti, capace di palpitare per quelli che stritolano chi amo, invocando
dalla vita e da Te segnali evidenti per guarirli dalla loro cecità omicida e
suicida.