Indipendenza: stolta
I
Mt 21,34: "Mandò i servi a ritirare il raccolto".
Tu conosci Signore, l'ambizione dell'uomo fin da quando uscì dalle mani del Padre: fare a meno del Padre. Salvami, Signore, dall'ambizione di bastare a me stesso!
Tu conosci il mio cuore, desideroso che nessuno si dichiari mio fratello, così che nessun fratello ardisca pretendere di spartire con me l'eredità della Terra!
Anch'io, Signore, mi sento padrone indiscusso della mia vita. Padrone, anzitutto, di quello che mi sono guadagnato, stipendio, pensione, prestigio: li ho sudati ed ora mi appartengono.
Padrone insindacabile del mio tempo: lo posso impiegare o perdere come voglio. Padrone del mio cuore:
ne tengo gelosamente la chiave e domando passaporti, perfino a te Padrone della mia vita.
Una voce perversa risuona nel mio cuore, insinuando: "Io sono mio! Giù le mani dalla mia vita! Anche Dio. Anzi, Dio per primo!"
Mostrami, Signore, il disastro di me stesso nelle mie mani, incantami dell'audacia di abbandonarmi nelle tue!
Come per gli operai della tua vigna nel Vangelo, tu volevi che ti rendessi conto della mia vita, tempo, denaro, salute. Non perchè tu volessi ficcare il naso nei miei affari, ma perchè dalla mia vita ne traessi il più tanto bene, la più tanta gioia possibile!
Insegnaci, Signore, ad accettare i tuoi messaggeri nella vigna della nostra vita, riconoscendo in alcune persone precise accanto al nostro cuore, i portavoci del tuo cuore.
Insegnami, Signore, il gusto di sentirmi "ispezionato" ogni sera dal tuo sguardo affettuoso e inesorabile, durante l'attimo preziosissimo dell'esame di coscienza.
E salvami dalla sventura dell'autonomia assoluta, pagata con la solitudine assoluta!