Le sorgenti d’ispirazione
La spiritualità
Come confessore di La Encarnación ad Avila
dovette commentare per iscritto le parole udite da S. Teresa nella preghiera:
«Cercati in me»: per opinione della santa il suo commento era molto indicato
per chi avesse seguito gli esercizi di S. Ignazio, trattando della unione con
Dio e della ricerca del Signore. Questo scritto ed altri scomparvero, ma ci
sono pervenute alcune altre glosse: «Sono entrato dove non sapevo», e «Vivo
senza vivere in me».
Nei nove durissimi mesi nel carcere di Toledo maturano le
opere più conosciute. Tenebre, tribolazioni ed angosce lo costringono al
rifugio nello Spirito consolatore, nella Parola del Signore, nelle immagini di
oscurità e tenebre dell’Antico Testamento, riscontrabili nelle otto romanze di
«En una noche oscura» e nella ricerca di ristoro con l’inciso «Que bien sé yo
la fonte che mana y corre» che pare risponda alla samaritana (Gv 4,11):
“¿De dónde sacas esa agua viva?”; questo inciso è nella poesia “cantar del alma
que se huelga de conocer a Dios por Fe” che è intensamente pervasa ad ogni
strofa da un ritmico, persistente, sofferente “aunque es de noche – anche se è
notte”, segno delle notti di carcere che si susseguono senza ragionevole
speranza.
Per sfuggire le tenebre, la ricerca della luce è nel Vangelo
secondo S. Giovanni (Gv
12,46):
«Io sono venuto nel mondo come luce, perché
chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre»
che
deve aver guidato la riflessione sulla storia della salvezza al modo semplice delle
catechesi di allora, il «Romance sobre
el evangelio in Principio erat Verbum», che lo si può porre come prologo
generale ai suoi scritti. In continuità alla creazione troviamo la decima
romanza, sull’esilio con esplicito riferimento ad un salmo dell’esilio «Romance
sobre el salmo Super flumina Babiloni», di tono autobiografico sulla propria
umiliazione e, esiliato dai sacramenti, lontano dal Tempio.
Ci è invece giunta la confidenza che fece
sull’ispirazione per la composizione del Cantico
spirituale, le cui prime trentuno strofe furono scritte in carcere.
Un giorno udì salire dalla strada fin dentro il buio
della cella il canto di un ritornello popolare:“¿Muérome de amores, Carillo,/ qué haré?”(Muoio d’amore,
caro, cosa farò?)
Una ricerca d’amore certamente in consonanza
con il cuore del santo.
Al ritornello seguiva la risposta dispettosa e scanzonata “¡Que te mueras, alahé!”, che fu colta dal
santo «come se essa venisse dal suo Amato
che gli dava il permesso di morire per lui... e allora egli ripeteva infinite
volte quelle parole, desiderando di dare la vita per Dio, per mano di Amore,
tiranno dolcissimo dei veri amatori di Cristo», come se la voce non provenisse
dalla strada, ma da un angelo appositamente inviato.
Nei successivi scritti e commentari (1578-1581), dei
quali aveva compreso l’utilità per la cura delle anime dall’esperienza in
Avila, si ritrova l’influenza del carcere:
· Cautelas e il disegno de El
Monte de la Perfección,
· lo scritto Cuatro avisos a un religioso,
simile e complementare alle Cautelas,
· ulteriori romanze del Càntico espiritual,
· inizia la Subida del monte Carmelo, quale
commentario a En una noche oscura,
· molti dei Dichos de luz y amor, sentenze
spirituali.
Infine
a Granada (1582-1588) intraprese:
· un nuovo commentario di En
una noche oscura, per i due libri Noche
oscura;
·
La Declaración de las canciones que tratan del
ejercicio de amor entre el alma y el Esposo Cristo, intitolata Cantico espiritual dal biografo e
storico Jerónimo de san José,
· le quattro romanze con l’incipit «¡Oh, llama de amor viva!» e relativi
commentari.
Dell'epistolario sono pervenute solo trentatré lettere e alcuni frammenti
che, insieme ai disegni di Monti della perfezione o Monte Carmelo e del Cristo
morto, presentano la santità di una persona di grande ricchezza dottrinale e
spirituale.