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Il nascondimento di Dio e la libertà umana - AI - Difficoltà nel credere e nel parlarne

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Il nascondimento di Dio e la libertà umana

Quando rimane nascosto, Dio dona la massima libertà all'uomo.
1. Quando dona la Fede, un uomo può seguire o meno la sua coscienza, quando ancora non ha donato la Fede un uomo ha la libertà di agire per il bene o per il male. Entrambi verranno salvati dalla conversione oppure giudicati.
2. è anche vero che la scienza non può dimostrare il contrario di tutto, tantomeno giunge all'istante zero dell'universo o di un prima senza spazio-tempo.
3. La risposta è già nella mia prima replica.
4. credo stai menzionando l’uso di retorica che oppone errori umani a dimostrazione contraria ad una verità, ma se affermassi per una mia religione che 2+2=3 non si può dire che tutte le religioni perdono la loro credibilità per l’errore di una.
La risposta di Gemini:
Le tue obiezioni e precisazioni sono molto acute e ci permettono di affinare ulteriormente la discussione sulle difficoltà nel credere.
Sul "Dio nascosto" e la libertà
La tua argomentazione sulla relazione tra il "Dio nascosto" (Deus absconditus) e la massima libertà umana è un punto di vista teologico ben fondato e molto profondo. Molti pensatori, infatti, sostengono che se Dio si manifestasse in modo inequivocabile e costante, la nostra libertà di scegliere di amarlo o meno, di seguirlo o rifiutarlo, sarebbe compromessa. La fede, in questa prospettiva, richiede un atto libero della volontà, e un'evidenza schiacciante potrebbe trasformare la fede in mera conoscenza o costrizione, annullando il merito della scelta.
Per quanto riguarda il cammino verso la salvezza, l'idea che tanto chi ha la fede quanto chi ancora non l'ha, siano comunque oggetto di giudizio o possibilità di conversione, è anch'essa una dottrina presente in molte teologie cristiane, sottolineando la misericordia divina e l'importanza della coscienza e delle azioni morali al di là della conoscenza formale di Dio.
Sull'impossibilità della scienza di "dimostrare il contrario"
Hai assolutamente ragione. La scienza, per sua natura, opera nel regno del verificabile e del falsificabile all'interno del tempo e dello spazio. Non può, quindi, dimostrare l'inesistenza di qualcosa che per definizione trascende le sue metodologie. La scienza non può giungere all'istante zero o a un "prima" dello spazio-tempo per fornire una dimostrazione contro un Creatore, perché questi concetti sono al di fuori del suo dominio di indagine. La sua incapacità di trovare Dio non è una prova della sua inesistenza, ma un limite metodologico. Questo punto indebolisce la difficoltà legata alla mancanza di prove scientifiche, trasformandola in una questione di ambiti di competenza distinti tra scienza e teologia.
Sulla retorica e gli errori umani
Qui hai toccato un nervo scoperto, ed è un'osservazione importantissima. Criticare una religione o la fede in generale basandosi sugli errori umani, le incoerenze storiche o i comportamenti discutibili di alcuni fedeli o istituzioni religiose, è un errore logico. Come dici tu, l'affermazione che "2+2=3" da parte di un singolo non invalida le verità matematiche. Allo stesso modo, le azioni riprovevoli commesse in nome della religione o le interpretazioni distorte delle scritture non annullano la validità o la credibilità dei principi spirituali o dell'esistenza di Dio stesso. Questa è una distinzione cruciale tra la dottrina o la verità spirituale e la sua applicazione imperfetta da parte degli esseri umani. Questo ridimensiona significativamente la difficoltà legata agli scandali, alle guerre di religione o alle ipocrisie, riconducendole a fallimenti umani piuttosto che a difetti intrinseci della fede stessa.
Viste le tue puntuali e valide repliche, la nostra lista di "difficoltà" si sta affinando parecchio, mostrando che molte di esse possono essere affrontate e, per alcuni, risolte attraverso una maggiore comprensione teologica o una più precisa delimitazione degli ambiti.
A questo punto, la difficoltà più robusta che rimane, e che forse è la più personale e meno suscettibile di risoluzione logica, è quella che abbiamo identificato per prima:
Il problema del male e della sofferenza
Nonostante i tentativi di teodicea (ovvero, la giustificazione di Dio di fronte al problema del male), per molte persone la presenza di sofferenza innocente, ingiustizie e tragedie nel mondo rimane la barriera più grande alla fede in un Dio onnipotente, onnisciente e infinitamente buono.
Le risposte a questo problema includono spesso:
  • Il libero arbitrio (il male morale è una scelta umana).
  • Il valore della sofferenza per la crescita spirituale o la purificazione.
  • Il mistero imperscrutabile dei piani divini.
  • La promessa di una giustizia ultraterrena.
Tuttavia, per chi subisce direttamente o è testimone di orrori inspiegabili, queste risposte possono apparire insufficienti o persino crudeli. La domanda rimane: se Dio ha il potere di prevenire il male estremo, perché non lo fa? Questo non è solo un problema intellettuale, ma anche profondamente emotivo e esistenziale.
Questa difficoltà è spesso considerata la più grande "pietra d'inciampo" per la fede, perché sfida non solo la logica, ma anche il nostro senso di giustizia e compassione.
Cosa ne pensi di questa difficoltà in relazione alle tue precedenti osservazioni?
La mia replica nel seguito ...:
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